E’ una storia tutta da raccontare quella di Carlos Tevez, che ha trovato nel calcio l’unica ragione di vita, ma anche un modo per stare lontano dai guai. Carlitos non nasconde il proprio passato fatto di povertà tra le strade del quartiere Ejercito de los Andes, in quel di Buenos Aires ed ammette che il calcio ha rappresentato la sua salvezza:
Se non fosse stato per il pallone, avrei fatto la fine di tanti ragazzi del mio quartiere. Sarei morto, sarei finito in carcere o sarei in mezzo ad una strada, drogato.
Tevez non giustifica i tanti suoi compaesani finiti nella spirale della droga o della delinquenza, ma è pronto a comprendere le ragioni di chi non ha un’occasione come quella che è capitata a lui:
Penso che nessuno nasca per diventare ladro. Tutta questa disuguaglianza, però, spinge i ragazzi ad andare a rubare. Pochi riescono ad avere successo come calciatori ed io sono stato toccato dalla bacchetta magica.
Poi arriva l’appello a chi potrebbe cambiare la situazione:
I media fanno informazione, ma non sanno cosa succede nei nostri quartieri. Non riuscirebbero a vivere due anni nel modo in cui viviamo noi. Bisognerebbe concentrarsi sull’istruzione, affinché i ragazzi abbiano l’opportunità di scegliere un’altra strada che non sia la droga. Non c’è sempre il calcio a salvare l’Argentina.
Il calcio in Argentina ne ha salvati parecchi e molti altri vivono ancora nel ricordo dei successi conquistati dall’albiceleste negli anni passati, magari sperando che Lionel Messi possa regalare loro ancora un sogno, come fece il Maradona dei tempi d’oro. Ma la situazione dei quartieri poveri argentini resta drammatica e – come dice Carlitos Tevez – il calcio non può rappresentare l’unica salvezza.
Intanto però Carlitos e compagni sono chiamati a difendere la bandiera nella Coppa America giocata in casa, così da regalare agli argentini un’altra grande soddisfazione sportiva.