Era il 9 luglio del 2006 e Fabio Cannavaro sollevava al cielo la Coppa del Mondo in quel di Berlino, dopo una finale al cardiopalma vinta ai rigori dagli azzurri. Oggi – a distanza di cinque anni da quella notte magica – il capitano di quella nazionale si ritira dal calcio giocato e si prepara a sedersi dietro una scrivania per continuare la carriera come dirigente.
Trentotto primavere il prossimo settembre, la maggior parte delle quali passate a correre dietro ad un pallone, a respingere gli attacchi degli avversari, ma anche quelli della critica, che in qualche circostanza non ha avuto pietà del difensore napoletano. Basti pensare alle polemiche nate nel 2005, quando vennero tirate fuori delle immagini in cui Cannavaro si mostrava su un lettino, intento a sottoporsi ad una flebo. In seguito venne accertato che si trattava di una sostanza non dopante, ma intanto le chiacchiere correvano sul filo.
E dire che Fabio Cannavaro ha regalato momenti di felicità ai tifosi di mezza Italia (Mondiale vinto a parte), avendo giocato con Napoli (poi venduto per risanare le casse della società), Parma (due Coppe Italia, una Supercoppa ed una Coppa Uefa), Inter (l’unico periodo nero di una carriera straordinaria) e Juventus (due scudetti poi revocati).
L’unica “macchia” (a sentire il tifosi juventini) è il tradimento nell’estate del 2006, quando la Vecchia Signora veniva costretta all’inferno della serie cadetta e Cannavaro scappò a gambe levate, trasferendosi al Real Madrid. Un paio d’anni nella Liga, due titoli conquistati e poi il ritorno in maglia bianconera, dove i tifosi non lo accolsero certo come il figlio prodigo.
Una sola stagione per capire che nulla era come prima e poi il contratto faraonico con il club di Al Ahli. Fino ad oggi, quando un ginocchio malmesso gli ha consigliato di dire basta con il calcio giocato e di passare il resto della carriera in giacca e cravatta. Ciao Fabio.