Ancora una storia curiosa sulle pagine di Calciopro, lontana dai riflettori e dai grandi palcoscenici, ma per certi aspetti molto più “vera” del calcio a cui siamo abituati.
E’ la storia di 14 ragazze che amano correre dietro ad un pallone e per esaudire il proprio desiderio sono disposte a mettersi contro la famiglia e contro una cultura che le vorrebbe in un certo modo.
Già, perché di ragazze che giocano a calcio ce ne sono molte in giro per il mondo, ma in un paese come l’Afghanistan il calcio femminile non è visto di buon occhio, a causa di una cultura che lascia ancora poco spazio ai diritti delle donne.
Queste però hanno avuto il coraggio di farsi sentire e si sono organizzate in una vera e propria squadra, grazie all’aiuto di Ahmad Faruad, un ragazzo mutilato dall’esplosione di una mina quando aveva appena sei anni e sognava di giocare al calcio. Ed è stato proprio un pallone la sua “trappola”, quella che gli ha impedito di trascorrere una vita normale, sognando magari di diventare un professionista.
Ora Ahmad non può più giocare, ma il suo quarto d’ora di popolarità l’ha avuto lo stesso, formando la prima squadra femminile afghana della storia, la Roots Of Peace, che prende il nome da un’associazione che si occupa di sminare i campi per trasformarli in colture.
In questi giorni la squadra è proprio qui in Italia, dove ha affrontato la squadra femminile di San Patrignano in occasione del Drugs Off Day. 3-3 il risultato finale, ma questo conta relativamente. Quello che conta è la testimonianza portata da queste ragazze, che giocano rigorosamente in pantaloni lunghi e coprono il capo con delle bandane e che per la prima volta hanno potuto esibirsi senza i muri intorno al campo di gioco.
Immagini di un calcio diverso, di una cultura che mal sopporta le donne impegnate nello sport, considerandole delle “cattive ragazze”. Immagini di un calcio puro e vero, dove conta solo la passione e nient’altro.