All’indomani del mondiale fallimentare in terra sudafricana, il calcio italiano decise di darsi un nuovo regolamento, limitando il numero degli extracomunitari presenti in ogni squadra di club. La decisione della Figc non venne presa bene dalle varie società, ma nulla riuscì a far ravvedere gli alti vertici del pallone nostrano, che incolpavano gli stranieri della disfatta azzurra. Ma oggi, a nemmeno un anno di distanza da quella discussa e discutibile decisione, si torna al passato e si permette nuovamente ai vari club di tesserare il secondo extracomunitario. Questa la spiegazione di Giancarlo Abete, presidente federale:
E’ stato risolto all’unanimità un problema strategico per il calcio italiano. E’ una norma in linea con quella del 2009 e 2010, ma con dei correttivi. Si è voluto evitare che giovani di serie che diventano professionisti vengano utilizzati per la sostituzione di un extracomunitario. E’ una norma di garanzia. Siamo rimasti all’interno delle quote previste dal Coni che individuano il numero massimo di nuovi contratti per gli extracomunitari in 60.
Il presidente della Lega di Serie A, Maurizio Beretta, vede nella reintroduzione della norma un passo in avanti verso il ritorno alla competitività delle squadre del nostro campionato:
In questo modo si ritrova una condizione importante per il recupero della competitività della Serie A. Credo sia questo l’elemento più significativo di un tema su cui tutte le leghe hanno trovato sintonia. Questo è un passo importante per allacciare rapporti più stretti in particolare con la Lega Pro, con cui nei mesi scorsi avevamo avuto un rapporto più conflittuale.
Inutile dire che i club di Serie A hanno accolto con favore la decisione della Figc, poiché nel mercato in corso avranno la possibilità di tesserare due extracomunitari e non dovranno dare un’occhiata al passaporto prima di comperare nuovi giocatori. Resta la perplessità sull’efficacia di una regola durata un solo anno e sulla credibilità di un sistema che non sa più quali pesci prendere per giustificare le proprie azioni.