E’ stata davvero una notte di paura quella appena trascorsa a Buenos Aires, città sede del River Plate. A scatenare una furia che covava da settimane è stata la retrocessione del club più titolato d’Argentina che nella sua storia lunga più di un secolo non era mai sceso in Serie B.
Ed invece ieri, nello spareggio di ritorno contro il Belgrano, il club campione nazionale di 3 non è andato oltre l’1-1 che, sommato al 2-0 per gli avversari dell’andata, significa retrocessione. Un vero e proprio disastro per il club che è il più costoso del Paese, ma ora dovrà fare a meno dei soldi delle televisioni, di alcuni sponsor che stanno decidendo di rescindere i contratti, ed ora sarà costretto anche a ceder alcuni campioni che avrebbe voluto trattenere come Lamela.
Ma più di questo, putroppo ciò che fa notizia sono le vicende extra-calcistiche. Il direttore di gara è stato costretto a fischiare la fine qualche secondo prima del 90′ perché le forze dell’ordine non riuscivano a tenere a bada i tifosi troppo esagitati. Al fischio finale si è scatenato il putiferio, con lancio di pietre e qualsiasi cosa ci si trovasse a tiro.
I problemi sono stati registrati all’interno dello stadio in cui, secondo il magistrato che sta indagando sulla vicenda, erano fatte entrare 12 mila persone in più di quante il Monumental potesse contenere, ma poi anche fuori, dove sono state distrutte le postazioni mobili delle televisioni e le vetrine dei negozi nell’area antistante lo stadio. Insomma, uno scenario apocalittico in cui solo per puro caso non c’è scappato il morto, ma soltanto decine di feriti e arresti. Una ferita che sicuramente farà male all’immagine del River più della retrocessione.
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