Una prima pugnalata alle spalle dei tifosi del Bari, che nell’ultimo anno ne hanno ricevute tante, l’ha data la cordata di imprenditori baresi che si sta piano piano defilando. De Gennaro ne è uscito, Ladisa quasi, e alla fine tutto potrebbe saltare, facendo mancare i fondi che servono per risolvere la situazione di empasse (devono essere versati 6 milioni di euro di arretrati, altrimenti si rischia grosso).
La seconda pugnalata arriva dai calciatori più rappresentativi, Barreto e Almiron, ma anche Ghezzal, Rudolf o Romero che hanno rifiutato di spalmare il proprio contratto in più mensilità e non hanno nemmeno accettato un compromesso con la società. Intanto Matarrese è costretto a destreggiarsi anche con il Comune per le pendenze sullo stadio San Nicola, e sicuramente si starà pentendo di non essere riuscito a cedere la squadra anni fa quando ne ha avuta l’opportunità.
Ma cosa rischia il Bari? Una multa non gliela toglie nessuno, dato che basterebbe un solo giocatore a cui non sono stati corrisposti gli emolumenti per far scattare la procedura d’infrazione. Ed invece è più di metà squadra a rispondere picche. Ma c’è di più. Questi calciatori potrebbero richiedere la messa in mora della società che, se non dovesse trovare i fondi necessari, potrebbe addirittura fallire.
Quest’eventualità però è molto lontana in quanto i calciatori potrebbero accettare un pagamento posticipato, quando cioè arriveranno i 7,5 milioni che la Lega mette a disposizione come paracadute per le squadre che retrocedono, più almeno un’altra decina di milioni derivanti dalle cessioni della prossima estate. In questo modo al massimo il Bari potrebbe rischiare una penalizzazione in questo o nel prossimo campionato, ma nulla di grave in confronto allo spauracchio del fallimento. Un fallimento che, visti i precedenti, difficilmente si compirà. Il problema sarà come ripartirà la squadra, con quasi l’intera rosa rinnovata e senza un euro da poter investire, a meno che non subentri qualche imprenditore che rilevi la squadra. Possibilità che, al momento, sembra più un’utopia.