Il calcio è uno sport che mette in comunione, almeno per qualche ora, milioni di persone in tutto il mondo. Dunque perché lasciar fuori chi è diversamente abile e non può vedere? Allora ecco la novità: i campionati di calcio per non vedenti.
Sembra incredibile ma è così: si può giocare a calcio senza vedere. Ad organizzare il campionati sono le varie associazioni nazionali dei Paesi, ma dal 1998 si disputa il Mondiale, che quest’anno è stato organizzato dal Royal National College for the Blind. Ma come funziona?
Il campo è quello del calcetto (a 5), tutti i calciatori sono non vedenti, tranne il portiere, e per evitare che qualcuno possa trarre un vantaggio da qualche minor grado di disabilità (come le persone che riescono a vedere le ombre), sono tutti bendati. In pratica riescono ad orientarsi esclusivamente con l’udito ed il tatto. Il pallone al suo interno ha dei sonaglini in modo che i calciatori possano sapere sempre dove si trova.
Non ci sono le rimesse laterali, poiché vi è un muro che circonda il terreno, ed ogni squadra ha un allenatore che urla le istruzioni da bordo campo. Inoltre ogni calciatore di una squadra ripete una parola come ad esempio “Yeah!”, mentre gli avversari ne ripetono un’altra, in modo che il portatore di palla sa se di fianco ha un compagno o un avversario.
I migliori giocatori di calcio per non vedenti si sono riuniti per otto giorni ad Hereford, in Inghilterra, per stabilire chi è la squadra migliore e, senza nemmeno tanta sorpresa, a laurearsi campione del mondo per non vedenti è stato il Brasile che ha battuto la Spagna in finale per 2-0. Questa è la quinta volta che il Mondiale di Calcio per Ciechi, disciplinato dalla Blind International Sports Federation, è stato disputato, con il Brasile che ne ha già vinti tre. Inoltre con questa vittora il Paese sudamericano si qualifica automaticamente per i Giochi Paralimpici del 2012 che si terranno a Londra nell’estate del 2012, subito dopo i Giochi Olimpici, anche se è ovvio che tutti i giocatori che partecipano al torneo sono già vincitori di un’impresa, quella di far diventare il calcio lo sport più bello del mondo anche per chi non può guardarlo.