C’è malumore in quel di Londra, sponda Chelsea, dove il nostro Carletto Ancelotti sta vivendo il primo momento di difficoltà da quando ha scelto di approdare alla corte di Abramovič. Le due sconfitte consecutive rimediate nelle ultime giornate non contribuiscono a rasserenare un ambiente scosso dalle ultime indiscrezioni di radiomercato che vorrebbero il tecnico italiano sulla via dell’abbandono alla panca sin dalla prossima estate.
Ancelotti ha voluto mettere subito i puntini sulle “i” in questo senso, rassicurando la piazza sul suo futuro, ma è evidente che qualcosa si è rotto e l’ingranaggio non gira più come dovrebbe:
Tutto quanto riportato dai giornali inglesi è falso. Ho un contratto fino al 2012 e intendo onorarlo. Sto bene al Chelsea, mi trovo bene con la società e con i giocatori.
Sta bene al Chelsea e va d’accordo con tutti, ma nella conferenza stampa di oggi ha voluto sottolineare un aspetto importante riguardo alla sua posizione nel club:
Io non sono come Alex Ferguson. Al Manchester United, Ferguson comanda su tutto, ha la responsabilità assoluta del club. Al Chelsea io sono solo il direttore tecnico. Punto e basta.
Perché un’uscita tanto bizzarra? Perché scomodare il baronetto per difendere la propria posizione? Tutto nasce dal licenziamento di Ray Wilkins, allenatore del Chelsea B e suo vice sulla panchina dei Blues. L’ex giocatore è stato rimosso dall’incarico qualche giorno fa ed è evidente che in questa decisione del club il parere di Ancelotti non è stato neppure preso in considerazione.
E dire che Wilkins era la spalla perfetta per l’allenatore nostrano, sia a livello tecnico che per un particolare non proprio trascurabile, vale a dire la conoscenza della lingua italiana. Ancelotti ha dimostrato in questo anno e passa di sapersela cavare con la lingua inglese, ma la presenza del vice era comunque confortante per uno che non mangia pane e traduttore per colazione.
Lingua a parte, il problema di Carletto è proprio la scarsa considerazione da parte del club in decisioni così importanti per il futuro della squadra. Di qui lo sfogo e – forse – l’inizio della fine del suo rapporto con i Blues.