Arthur Antunes Coimbra: semplicemente Zico

di Redazione 4

Arthur Antunes Coimbra, questo il suo nome, ma nessuno lo chiama più così da anni, come da tradizione brasiliana, che vede affibbiare dei nomignoli a tutti i suoi campioni. Per tutti lui è ed è sempre stato semplicemente Zico, il Galinho, uno dei più grandi campioni che questi occhi hanno visto calcare un campo di calcio.

Era il primo giugno del 1983 quando l’Udinese annunciò al mondo di aver acquistato l’asso trentenne del Flamengo, stella di prima grandezza nel panorama internazionale. Lo precedeva, nel suo viaggio in Italia, la fama di più forte giocatore brasiliano di quel periodo, capace con la maglia del suo club di segnare oltre 600 gol, che gli permisero di conquistare il titolo di capocannoniere per ben 11 volte consecutive.

L’Italia lo aveva ammirato nei Mondiali in terra di Spagna dell’anno precedente, quando il suo Brasile di fenomeni cadde sotto i colpi di Paolo Rossi, che per tre volte infilò la porta verdeoro, nel suo cammino vincente verso la notte magica del Bernabeu. Fu quello il secondo dei tre Campionati del Mondo disputati da Zico, che può vantare con la maglia del Brasile uno score di tutto rispetto, con 52 gol messi a segno in 72 partite ufficiali.


Con queste referenze si apprestava a sbarcare al Friuli, tra l’incredulità dei tifosi che mai si sarebbero aspettati un simile acquisto da una squadra di ambizioni limitate come l’Udinese. Il costo dell’operazione si aggirava intorno ai sei miliardi di lire, una cifra che oggi fa sorridere, ma per il calcio dei primi anni ’80 rappresentava un sacrificio non indifferente.

La Federcalcio Italiana bloccò il trasferimento, affermando che il club friulano non poteva garantire la copertura finanziaria necessaria all’acquisto del calciatore: sembrava la fine di un sogno non ancora toccato con mano. Il popolo dell’Udinese si ribellò, scendendo in piazza, mentre la società si rivolgeva al Giurì del Coni per far valere le proprie ragioni. Ricorso vinto e Zico finalmente in maglia bianconera, ad arricchire un campionato italiano che già poteva vantare la presenza, tra gli altri, di Platinì e Falcao.

Un esperienza, quella italiana, costellata di grandi colpi di classe, che permisero al club di arrivare fino al terzo posto in classifica, nell’Olimpo del calcio che conta, almeno fino a che il suo idolo non diede forfait a causa di uno stiramento, che gli impedì di portare la squadra in Europa. Il suo merito è stato comunque quello di aver fatto sognare un pubblico poco abituato a farlo, che in quell’anno riempì il Friuli per ogni partita casalinga (26.661 abbonamenti, un vero record per l’Udinese).
Ma le magie in campo di questo giocatore gracilino valevano da sole il prezzo del biglietto, soprattutto quando era impegnato nel suo pezzo migliore, quel calcio di punizione dal limite dell’area che spesso e volentieri gonfiava la rete.

Scappò dall’Italia nel 1984, a seguito di un processo che lo vide condannato a otto mesi di carcere ed al pagamento di un miliardo e 630 milioni di multa: l’accusa era quella di costituzione di capitali all’estero e resta l’unica macchia della sua stellare carriera.

Dal 2002 ha intrapreso la carriera di allenatore, riuscendo a condurre il Giappone alla vittoria della Coppa d’Asia nel 2004 e alla qualificazione per il Mondiale di Germania. Dal 2006 siede sulla panchina del Fenerbahce, riuscendo, nel suo primo anno da allenatore di una squadra di club, a vincere il campionato turco.

Di recente lo abbiamo visto tornare nella stadio che lo ha reso grande, in quel Flamengo che pianse la sua partenza per l’Italia 25 anni fa e che gli ha reso omaggio in un amarcord dei tempi gloriosi. Nostalgia per quel calcio che non c’è più, per quei campioni che incantavano le platee ogni domenica, tirando fuori dal cilindro l’immancabile pezzo di bravura. Calcio di provincia che diventava grande calcio grazie ad un solo giocatore: oggi diremmo “fantascienza!”.

Commenti (4)

  1. Un grande…e che punizioni che tirava!

  2. Si e gli avversari avevano il preciso ordine di non commettere fallo in quella zona di campo: almeno 7-8 volte su dieci la palla finiva dentro. Immenso!

  3. INTER AIUTATA, CI SONO STATE IRREGOLARITA’ DA INDAGARE

  4. UN TALENTO INFINITO, UNA CLASSE INIMITABILE!!!

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