In un mondo del calcio in cui l’economia va a rotoli, due o tre squadre spendono centinaia di milioni per acquistare calciatori strapagati, mentre tutte le altre devono fare i salti mortali per far quadrare i bilanci. In un mondo del calcio in cui il razzismo e la violenza sono ancora molto presenti anche ai livelli più alti, la federazione calcistica danese non trova di meglio da fare che prendersela con i calciatori brasiliani perché, dopo essersi aggiudicati la Confederations Cup, si sono riuniti in cerchio e hanno ringraziato Dio per averli fatti vincere.
D’altra parte la Fifa non ha potuto fare altro che dare ragione ai danesi e ammonire il Brasile perché deve garantire
moderazione nell’atteggiamento dei giocatori più religiosi.
Anche se alla fine ha lasciato capire che non prenderà provvedimenti. Va bene la laicità o il rispetto per gli avversari, ma da qui a prendersela per una preghiera, per quanto teatrale sia, sembra di scadere nel ridicolo.
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